Con le autovetture parcheggiate in fila davanti a me, che mi nascondono almeno in parte dalla strada. L'agenda appoggiata sulle ginocchia stanche, la biro che prova a svuotarsi.
Fa uno strano suono appena percettibile la mia testa contro la ringhiera che ho alle spalle. Ci ho sbattuto forte contro e sento che vibra e sento anche che è l'unica cosa a muoversi. Il suono si propaga nel silenzio accanto a me. Il dolore è lieve. Ma non lo sentirei forte in ogni caso, ora. Penso. E il cuore accelera anche se vorrei non lo facesse affatto, vorrei si fermasse. Perché so che abbiamo un numero di battiti contato. E più forte si va più velocemente si esauriscono. Penso a cosa possano servire, poi. A poter scrivere frasi idiote sulle proprie braccia, o sull'agenda, o a parlare in una lingua che non può essere la tua perché nessuna può esserlo. A vedere quello che non si vorrebbe vedere. Con la coda dell'occhio. Come sempre. E' più forte, molto più forte di me, e di qualunque proposito.
Vorrei essere un faggio, una robinia, un cristallo di labradorite. Ben nascosto nelle viscere della terra. E' o non è un bel posto di merda? Però almeno avrei dei bei riflessi.
Ma tutto quello che so ancora non basta, evidentemente.
quiet-tiz, ore 23:40